Olimpia Milano tra risultati negativi, Messina e futuro
La caduta dell'Olimpia Milano in semifinale contro la Virtus apre all'ennesima estate di cambiamento, se non rifondazione. Cosa c'è nel futuro del club?

Vincere non è tutto, ma perdere non può diventare sinonimo di continuità
E' capitato di leggere in questi giorni parte di un editoriale di Luca Chiabotti, prima storica della pallacanestro italiana, nel quale si ipotizzava che all'Olimpia vincere o perdere sia più o meno la stessa cosa.
Ora, come chi ha l'abitudine di leggere questo sito sa bene, da anni combatto violentemente il concetto che considera la vittoria come unica possibilità per definire positiva una stagione. Ancor più in una competizione selvaggia come l'Eurolega, dove si parte in 18, ci si scanna per mesi, si passa ad 8 contendenti a metà aprile (10 da due anni coi Play-In) e poi si arriva alle 4 elette che vanno alale F4. Vince una sola, ad oggi sempre una squadra che non ha dominato i mesi precedenti, ed anche questo dovrebbe far riflettere. Inaccettabile pensare che le altre 17 abbiano fallito.
Il valore di una stagione, di un lavoro, di mesi di prestazioni non potrà mai essere giudicato solo in base ad un pallone che se la ride sul ferro, entrando od uscendo: quel valore deriva da un sistema di lavoro, da una continuità, da un'empatia col gruppo squadra e con ciò che lo circonda, internamente (staff e dirigenza), come esternamente (tifoseria). Ed evidentemente rapportandolo agli sforzi, primariamente finanziari, messi in campo.
In buona sostanza, senza girarci attorno, se hai investito questa valanga di denaro per limitarti a vincere lo Scudetto risulta semplicissimo definire la gestione completamente fuori strada. Nel dire ciò non si vuole gettare tutto alle ortiche, per tornare a citare la parole di Messina, ma nemmeno si può però proporre un grande fumo che annebbi la vista di chi prova a valutare serenamente il prodotto offerto.
Vincere quindi non è tutto, ma perdere non può in nessun modo essere soltanto un segno di continuità ed organizzazione che certamente apprezziamo finché non si tramuta in qualcosa di incomprensibile e che ci pare con pochi dubbi un tentativo di influenzare un'opinione pubblica che altrimenti sarebbe chiaramente negativa.

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