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Sarunas Jasikevicius

Ad Abu Dhabi, tra luci accecanti, sabbia e sogni, Sarunas Jasikevicius ha finalmente completato il cerchio. Ha vinto l’Eurolega, sì. L’ha vinta però da allenatore, con il Fenerbahçe, battendo in finale il Monaco. Ma questa non è soltanto la storia di una coppa alzata al cielo. È una storia di redenzione. Di cambiamento. Di crescita. E, per molti, anche di scuse.

Ti chiedo scusa, Saras. Perché non ci credevo. Non ti ritenevo l’allenatore dell’anno, nonostante il premio assegnato a fine stagione. Pensavo fosse un riconoscimento frettoloso. Pensavo ci fossero altri più meritevoli: Splitter per come ha cambiato la cultura in Europa con Parigi, Banchi per l’impresa con l’Efes, Bartzokas che aveva chiuso primo la regular season. E invece, in un mese, hai spazzato via ogni dubbio. Hai fatto ricredere me, e tanta altra gente.

Sì, avevi vinto nei campionati nazionali, a casa con lo Zalgiris, in Spagna con il Barcellona. Ma c’era sempre quella sensazione che mancasse qualcosa. Forse era il tuo modo di vivere la panchina. Le urla, il nervosismo, la mimica che ricordava il tuo maestro Obradović, ma che sembrava a volte più un peso che una guida. A Barcellona, dove eri tornato da condottiero dopo aver fatto sognare Kaunas con una Final Four impensabile, sembravi l’uomo giusto al momento sbagliato.

E poi sei arrivato a Istanbul. A Fenerbahçe. Con tanti scetticismi, il mio compreso.

La stagione? Difficile. Iniziata male. Con Wilbekin ko dopo poche settimane. Con Hall out per una frattura. Baldwin a singhiozzo. Eppure, non ti sei mai lamentato. Hai stretto i denti. Hai lavorato con quello che avevi. Hai tenuto il gruppo unito. E hai atteso. Atteso il momento giusto.

Quel momento è arrivato il 10 gennaio. Il giorno in cui è sbarcato a Istanbul Errick McCollum. Il giocatore trentasettenne che ha cambiato la tua stagione. Da lì, undici vittorie, quattro sconfitte. Secondo posto. Non bellissimi da vedere, ma maledettamente efficaci.

Io ancora non ero convinto. Continuavo a pensare che la tua squadra vincesse più per le individualità che per una vera idea. Ma qualcosa stava cambiando. Tu stavi cambiando. Non eri più solo l’allenatore che urla. Eri tornato a essere Saras. Quello che unisce, quello che ascolta, quello che abbraccia.

Poi è arrivata la Final Four. Una semifinale contro il Panathinaikos campione in carica, con Ataman pronto a rivendicare il trono. Ma tu l’hai spazzato via. Un capolavoro. Una scossa. La tua squadra ha giocato per te. Ha vinto per te.

E infine la finale. Monaco. L’ultimo ostacolo. L’ultima prova. E l’hai superata. Con una partita perfetta e con una squadra che sapeva perfettamente cosa fare. Per vincere. Per alzare quel trofeo che da giocatore conoscevi così bene, ma che da allenatore sembrava sempre sfuggirti.

Hai vinto. Hai convinto. E sì, ti sei meritato tutto. Il premio. Gli applausi. Le scuse.

Scusa, Saras. Non avevo capito che fossi diventato davvero un grande allenatore.

Ora lo so.

Show di Jasikevicius e Spanoulis in conferenza stampa prima della finale
Il Fenerbahce vince la seconda Eurolega della sua storia. Il Monaco si arrende in finale

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