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Riccardo Visconti in azione nella vittoria a Zaragoza

Riccardo Visconti ha firmato con il Coviran Granada a fine marzo, chiudendo la sua avventura a Bologna, sponda Virtus.

Oggi in Andalusia, dopo 7 gare, sebbene la salvezza in Liga sia legata a qualcosa di più di un miracolo (vincere le 3 gare restanti e sperare che le perda tutte Girona), la guardia torinese ha dimostrato molte cose che in Italia o non si conoscevano o sono andate un po' perdute.

In una bellissima e profonda intervista (qui il link) con Jose Manuel Puertas per Ideal, periodico di Granada, il giocatore si è così raccontato.

La scelta della Spagna, l'esperienza alla Virtus, gli anni ad inizio carriera, il primo canestro, il rapporto con Coach Pablo Pin a Granada e l'idolo Belinelli.

Riccardo Visconti e la scelta di andare a Granada

Sulla città di Granada e l'importanza di Andrea pecile nella sua decisione di lasciare l'Italia…

«Granada è bellissima, perfetta per la mia prima esperienza all'estero ed anche molto simile all'Italia. Ovviamente all'inizio un po' difficile, ma ora sto benissimo».

«Non avevo aspettative particolari lasciando la Virtus. Cercavo una soluzione alternativa. Da tre anni ne parlavo con Andrea Pecile. Dopo otto mesi in panchina, anche non convocato, è stata dura e non mi aspettavo nulla se non giocare ed aiutare la squadra. Inizio difficile fisicamente, ma ora ci siamo».

«Andrea Pecile (ndr “Sunshine” è oggi nello staff tecnico andaluso)  è stato decisivo. Da sempre mi diceva che lasciare l'Italia sarebbe stato perfetto per il mio gioco e per crescere come persona e come giocatore. Lo ringrazio per questo».

«Con Andrea la relazione iniziò casualmente in un ristortante a Bologna dopo una gara di beneficenza. Firmai a Pesaro, dove lui aveva giocato e cominciammo a parlare. Oggi la mia carriera cerca di seguire un po' i suoi passi ed è importante stare a sentire chi ha fatto un certo cammino prima di te».

«Vediamo se la mia permanenza a Granada sarà lunga come la sua( ndr sorriso)»

Sull'adattamento alla Liga ACB…

«Mi sento molto coinvolto in questa squadra, anche quando non tocco palla per un paio di possessi ma posso essere utile con difesa e rimbalzi. Io conosco il mio potenziale, ma quando lasci il tuo paese pochi ti conoscono e devi dimostrare positivamente ciò che puoi fare. Nelle prime gare è stato difficile segnare ma ho lavorato duro in difesa e da lì è cresciuta la mia fiducia. La ACB è di livello altissimo. La più grande differenza rispetto all'Italia è che lì il gioco è più lento e si prepara la gara sugli avversari sin dal martedì, mentre qui si pensa più a se stessi, tutto è più fisico, rapido e ti obbliga a leggere il gioco. Questo è molto attraente».
 

Sull'etichetta italiana di buon tiratore ma pessimo difensore…

«Le etichette.. Quando ho firmato qui nessuno mi ha chiesto l'età o che difensore fossi. Per questo confermo che ho firmato senza aspettative particolari e solo con la voglia di dimostrare. Ad inizio carriera. pesando meno di 100kg ho sofferto e così arrivarono le etichette. E non fregava niente a nessuno anche se difendevo bene… Qui nessuno è prevenuto su ciò e se difendo bene pensano che io possa difendere. Non sono certamente un grande difensore, però proprio etichetta è la parola giusta».

«Se ne accorgono ora in Italia? Magari sì, ma ho dovuto venire in Spagna per dimostrarlo. E' successo ad altri giocatori: lasci il tuo paese e vieni visto in altro modo».

«Segno dal perimetro, certo, ma non mi sento solo un tiratore puro, ad esempio come successo a Zaragoza dove sono arrivate anche diverse penetrazioni. Tiro, sì, ma basta con le etichette…» 

«Juve o Toro? Juve, Juve! Come la mia famiglia».

Sulla scelta di giocare a basket in una città di calcio…

«Grazie alla mia famiglia. I miei genitori hanno giocato sino alla seconda serie. La più importante è stata mia sorella, 12 anni più vecchia di me. Quando avevo 4 anni lei lasciò casa ed inizio una carriera professionale di 20 anni. E' un esempio per me. E' diventata la numero 1 al mondo nel ranking del 3X3. Cerco di eguagliarla in tutti i traguardi. Mio padre poi ha anche allenato ed è stato dirigente di club».

La storia del primo canestro in maglia Reyer…

«L'anno prima del primo canestro a Torino ho giocato due gare, una contro Tretnto, sbagliando due triple, e l'altra contro l'Orlandina dove giocava Pecile. Ne ho sbagliate altre due ed ho pensato che non avrei mai segnato in vita mia. L'anno dopo la gara contro Torino, con tutta la famiglia in tribuna… Penetrazione, palla persa, recupero e tripla che credevo uscisse di un metro ed invece… Fu come un sogno. Il primo canestro, nella tua città, con la tua famiglia e tutto il pubblico che applaude: che sensazioni! Ma c'è di più: il mio secondo canestro arrivò a Venezia, contro Torino!»

Sul passaggio dalle giovanili al professionismo…

«Potevo andare alla Montverde Academy in America ma scelsi di firmare da pro con Venezia. Il primo anno fu ottimo, giocai diverse partite in BCL e vincemmo la LBA. Con la Nazionale arrivò un bronzo europeo U18 e l'argento mondiale U19. Ero un idolo a scuola. Poi mi mandarono a Verona ed iniziarono i problemi. Infortunio alla spalla, 8 mesi fuori. Dal paradiso alla merda in un amen. pensai a tante cose, anche a mollare. Ebbi problemi nella recupero: una spalla per un tiratore… Iniziai a studiare senza sapere cosa sarebbe successo: avevo due indirizzi, Scienza dello Sport e Gestione Sportiva».

«E' difficilissimo il passaggio dalle giovanili al professionismo, serve molta pazienza. Giocavo buone partite ma senza continuità, una bene e poi sparivo per settimane. Era difficilissimo vivere questa situazione per un giovane, credo sia la parte più complicata di questo lavoro».

Riccardo Visconti e l'esperienza in maglia Virtus

Sull'esperienza alla Virtus…

«Valutare l'esperienza dipende da come la si vede. Da un lato è un grade apprendistato. Solo il fatto di allenarsi con Belinelli, Polonara, Shengelia.. è come andare all'università. Capire le por reazioni ad una sconfitta, ad una gara negativa: è importantissimo ed allenarsi con loro, sebbene senza giocare, è molto utile. Però un anno così è tanto pesante perchè siamo giocatori e volgiamo giocare. Molto utile, sono maturato e mi sento un altro giocatore. Gioco come da giovane ma con un'altra mentalità».

«Credo non fossi ancora pronto per questo livello. Speravo di giocare di più in LBA, poichè in Eurolega non giocavo. Solo tre minuti, ma sono l'unico che ha il 100% da tre: 1 su 1! (ndr sorriso). Seriamente è il mio obiettivo, l'ho toccato, provato marginalmente ma lo voglio di sicuro».


Sul momento complicatissimo del Coviran Granada…

«Situazione quasi impossibile, salvarsi è complicatissimo. Possiamo perderne una o possono vincerne una gli altri.. Però nelle prossime tre settimane dobbiamo mettere da parte l'idea di retrocedere e pensare partita dopo partita, compresa quella di Madrid fuori casa, molto difficile ma non impossibile,  credendo che alla quarta settimana potremmo essere salvi».

«Sabato a Zaragoza pensavamo di essere morti però abbiamo reagito capendo che servivano 4 vittorie, di cui 2 fuori. E' importante non aver pensato che fosse finita e questo dimostra che sei una squadra».

Sulle richieste di Coach Pablo Pin…

«E' stata molto utile la prima conversazione al mio arrivo in cui mi ha spiegato cosa si aspettasse da me, fattore fondamentale per un nuovo. Ho capito cosa mi chiedeva e sapevo di poter fare altre cose che forse lui non immaginavo potessi dare. Così c'è stata meno pressione e meno responsabilità, cosa molto utile. E' una brava persona e ad esempio se mi vede allenarmi non al 100% viene e mi parla, tranquillamente, senza arrabbiature eccessive. Mi chiede se può fare qualcosa per me, se mi può aiutare in qualunque modo. Ho 27 anni e se sto facendo male qualcosa è importante risolvere il problema. E' la cosa migliore da fare».

Riccardo Visconti ed il rapporto con Coach Pablo Pin a Granada



Sul tema #youtuber e sul sogno di essere come Belinelli…

«Mi piace condividere la mia passione per il gioco, che è uno port meraviglioso. Da piccolo sognavo di esser qualcuno… Chi? Marco Belinelli! Ma non gliel'ho detto».

«Sognavo di essere come il Beli, ma senza sapere nulla di lui se non attraverso le gare viste. Ora lo conosco per questi 8 mesi insieme, ma da bambino conoscevo un giocatore capace di raggiungere obiettivi. Ovviamente non sono il miglior giocatore italiano, però ottengo diversi obiettivi: ho giocato in nazionale, sono in Liga, ho giocato in Eurolega… Per questo mi piace condividere le mie emozioni. Nel mio ultimo video alla Virtus mi stavo preparando a venire a Granada. Avevo appena firmato e durate la partita di Trieste, persa e nella quale non ho giocato, ero molto stressato pensato a tutto ciò. Dopo la gara, pensando a come informare i compagni, ho iniziato a piangere. Avevo timore… Comunque per un bambino che sogna di essere un giocatore è importante vivere queste sensazioni, capire che ci sono momenti buoni ed altri negativi».
 
«Ed anche questi momenti negativi ti insegnano molto. Ad esempio c'è un video di quando mi hanno convocato per la pre-selezione verso i Mondiali. Poi mi hanno tagliato.  Bisogna insegnare che si può anche fallire. Sei settimane fa piangevo come un bambino, ora sto un uomo felice».






 

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