PARTNERS
Gli allenatori di Eurolega e la comunicazione

La recente conferenza stampa di Antonio Conte, allenatore del Napoli, prima di una gara di Champions League, mi dà lo spunto per aprire la discussione su un tema che da tempo avrei voluto trattare, ovvero la disponibilità, la professionalità, lo stile e l'educazione dei professionisti, segnatamente gli allenatori, rispetto alla stampa.

Senza entrare nel merito delle risposte dell'allenatore partenopeo, libero di dire tutto ciò che vuole nella forma che preferisce, soprattutto poichè in questa sede non interessa né la persona né la disciplina della quale si occupa, è la tematica generale che si intreccia con diverse situazioni che viviamo nella pallacanestro, in particolare quella di Eurolega.

Come si comportano i protagonisti, principalmente gli allenatori, quelli che di solito parlano di più, di fronte alla stampa ed alle domande che loro vengono poste? Vi è pieno, doveroso e completo rispetto della categoria giornalistica che fa il proprio lavoro, spesso in situazioni complicate sul momento come nell'intervallo di metà gara piuttosto che pochi minuti dopo la conclusione della stessa, quando il residuo di adrenalina può giocare un ruolo chiave, nel bene come nel male?

Educazione e rispetto non possono e non devono mancare mai

Detto che vi sono domande e domande, detto che come in tutti le professioni ci sono giornalisti bravi, altri normali ed altri ancora decisamente inadeguati, credo vi sia una cosa su cui non si possono fare sconti e questa si chiama educazione.

Educazione che si lega direttamente alla disponibilità che deve derivare da un alto concetto di professionalità. E' valore personale da cui non si può prescindere e, quando invece viene meno, non ha giustificazioni od alibi.

Da sempre ritengo, ed è una sorta di amore viscerale del quale vado estremamente fiero e che non cambierà mai, che allenare sia la professione più bella del mondo. Professione che ha straordinari diritti ed anche una serie di doveri che, piacciano o non piacciano, sono imprescindibili.

Ahimè si moltiplicano episodi che fanno pensare e purtroppo molti di questi riguardano atteggiamenti discutibili degli stessi allenatori. 

Proviamo a separarne alcuni cercando di valutarne la portata. E ciò che stupisce ancor maggiormente è che gli stessi individui che si rendono protagonisti di queste scene ben poco edificanti se conosciuti lontano dal parquet si dimostrano persone assai affabili e gradevoli, essere umani, spesso "umanissimi" coi quali si può dialogare di mille cose che spaziano dall'attualità alla vita privata di ognuno. 

Sia poi infine chiaro che se gli esempi negativi che andiamo ad analizzare sono parecchi, non mancano le eccezioni assai positive, come in tutte le categorie.

Le interviste pre, durante e post gara

Situazione delicatissima.

E' un fatto inequivocabile come la disponibilità dei protagonisti sia senza dubbio ottimale prima della gara. Si toccano tasti tecnici, ci si apre al cosa e come farlo, non vi è quasi mai interruzione della domanda del/della giornalista, vi è una certa serenità, sebbene a volte sia ben celata poiché taluni sono di fronte a gare che segnatamente in Eurolega hanno un peso specifico notevolissimo.

Discorso ben diverso quello che riguarda la domanda rivolta ai Coach dopo il rientro sul parquet dagli spogliatoi a metà gara.

Credo sia corretto dire che troppo spesso quella domanda sia troppo lunga, con chi la pone troppo impegnato a descrivere tutto quanto accaduto nei primi 20', sciorinando le proprie conoscenze che sono spesso di ottimo livello ma del tutto fuori luogo in questo momento. Andrebbe compreso il momento, ci si arriva magari dopo un duro confronto negli spogliatoi, vi è parecchia tensione potenziale, quindi è chiaro che un concetto più breve da parte di chi intervista sia auspicabile. Tuttavia il malcostume di rispondere a monosillabi, di esprimere un concetto in maniera concitata andandosene un centesimo di secondo dopo averlo espresso, al pari dell'interruzione dell'interlocutore non è accettabile.

Ok la tensione, ok il nervosismo palese, ok la situazione, ma qualcuno pensa sia corretto agire così? Ci sente più “fighi”, per usare un termine oggi assai di moda? Si crede di dare l'immagine migliore di se stessi e del club che si rappresenta praticamente svilendo il lavoro di chi ci si trova davanti? Si ritiene di rispettare la professione al 100%?

Non credo proprio e torno a quel concetto di educazione. Forse nel mondo di oggi crea più coinvolgimento ed eco la dichiarazione diretta, cruda e spesso violenta nei modi, è sicuramente più “acchiappaclick” nell'era social e forse fa le fortune di quella squallida parte della comunicazione che fa della presa in giro del lettore la sua quotidianità, attraverso proprio titoli acchiappaclick, tuttavia che pochezza, che disagio nell'assistere a questi spettacoli. 

La maleducazione paga, quindi? Possibile, perfino probabile secondo taluni, ma quel guadagno è senza onore.

Situazione pressochè simile nel dopo gara.

Ancora monosillabi per molti, dichiarazioni esageratamente sintetiche ed ancora più diffusa per altri l'odiosa tendenza ad interrompere la domanda che viene posta. E qui il più volte ribadito concetto di educazione oltremodo importante. Detto fuori dai denti, ma come ci si permette di interrompere una persona che sta facendo soltanto il proprio lavoro esattamente come te che hai appena allenato una partita? Viene da chiedersi cosa ti hanno insegnato da piccolo? La parola rispetto è così incomprensibile? 

I rapporti tra gli allenatori di Eurolega e la stampa

Le conferenze stampa, le domande “non allineate” e la fisiologica mancata di contraddittorio 

Questa serie di problemi si ripetono, in forma differente, durante le conferenze stampa post partita.

Diciamocela tutta, senza fare gli struzzi. La situazione della comunicazione e del business che ne deriva fa sì che in sala stampa vi siano persone, spesso giovanissimi, con una relativa esperienza nel settore. Sicuramente preparati, altrettanto appassionati e vogliosi di crescere, tuttavia non perfettamente in grado di porre quelle domande che per molti avrebbero il sapore della critica eccessiva ma che nella realtà sarebbero quelle solo ed unicamente necessarie. Timore? Sì, a volte c'è ed è quasi umano. Avere 20-25 anni, sognare di rendere una passione un lavoro, farlo con retribuzioni risibili (è ciò che permette questo business, se mai lo si possa considerare tale) e trovarsi di fronte “mammasantissima” della panchina, vecchi volponi in grado di distruggerti agli occhi di tutti in un secondo può effettivamente creare del timore. E lo dico per esperienza diretta: non avete idea quante volte alcuni dei nostri ragazzi mi hanno chiesto, con palese e cosciente innocenza, “ma secondo te posso chiedere questa cosa a quel Coach o rischio?" 

Quadro ben peggiore se il silenzio giornalistico, o l'accondiscendenza, arriva da penne sulla carta assai esperte.

Infatti vi sono una serie, non piccola ahimè, di frequentatori delle stesse sale stampa che non fanno altro che imboccare l'allenatore del club "amico" con sottolineature sempre volte ad esprimere alibi e scusanti varie di fronte a prestazioni negative piuttosto che una semplicissima esaltazione di qualunque positività. Se chiedete loro il perchè ti risponderanno con il sempreverde classico “tengo famiglia”…

Separate le due posizioni è chiaro e normale che durante una conferenza stampa non vi sia alcun contraddittorio possibile. Difficile che si possa arrivare al dunque quando, anche di fronte ad una domanda scomoda, l'ultima parola tocca sempre a chi risponde, che ha quindi il pallino del gioco piuttosto che la possibilità di chiuderlo in partenza. Ad uscire formalmente con le ossa rotte sono sempre e comunque i giornalisti, su questo non vi è alcun dubbio. Con poi l'aggravante, e questo è veramente squallido, di qualche solerte addetto stampa che si permette, dopo la suddetta “domanda scomoda” di venire a farti le pulci, esattamente come è vergognosa abitudine di fronte ad articoli ritenuti di critica eccessiva. Poi magari gli stessi si fanno paladini della libertà di stampa nel proprio paese…

Inutile sottolineare nuovamente come si torni, ancora una volta, al concetto di educazione. Visto che lo abbiamo citato in apertura, Conte che risponde al giornalista sostanzialmente dandogli dell'inventore di falsità, non si dimostra corretto a mio parere, nella forma come nella sostanza. Si può e si deve rispondere, lo si può e lo si deve fare con modi molto più urbani.

Il problema qui riguarda il grande cambiamento nel mondo della comunicazione. Una volta quelle sale stampa erano popolate di gente come Eleni, Pea, Pedrazzi e tanti altri professionisti che rappresentavano quotidiani di grande peso, oltre ad essere giornalisti con la G maiuscolissima. Oggi i rappresentanti della stessa stampa hanno un peso assai minore rispetto ad allora e quindi la bilancia del potere pende inequivocabilmente dalla parte dei club. La giungla mediatica del web ha ovviamente peggiorato la situazione poichè spesso si assiste a spettacoli poco edificanti per la categoria giornalistica come quello, tanto per fare un esempio,  dell'ormai famosa domanda rivolta ad Ettore Messina da parte di un giornalista lituano in occasione del successo milanese a Kaunas qualche giorno fa. Ma come caspita può venirti in mente di chiedere se vincere una gara oggi ha il sapore della vendetta dopo la vittoria dello Zalgiris a Milano lo scorso anno? Suvvia, poi non ci si lamenti se arriva un risposta ironica e piccata perchè in questo caso è giusta e strameritata.

Il contraddittorio, quindi, che manca come si diceva. E' palese che una sala stampa non possa essere l'occasione corretta per averlo, tuttavia mi sorge spontanea una domanda: se alleno una squadra e sono oggetto di critiche che ritengo fuori luogo, eccessive o perfino scorrette, come mi voglio rapportare con quell'interlocutore?

Ecco la chiave di tante di queste anomalie. Personalmente vorrei assolutamente il confronto con quella persona per far valere le ragioni del mio lavoro, spiegare cosa ritengo eccessivo o scorretto, dialogare per arrivare ad un chiarimento che possa essere costruttivo per entrambe le parti. Nascondersi ed escludere la controparte siamo sicuri sia la scelta ottimale? Pensare di averla vinta escludendo chi si ritiene, erroneamente, una sorta di parte avversa è la soluzione? Mai, direi, tuttavia è ciò che accade troppo spesso.

Ed inoltre, fattore non proprio da sottovalutare, in una lega che tutti gli stessi protagonisti ritengono quasi perfetta per quanto accade sul campo ed assai insoddisfacente a livello di ricavi derivanti da tante situazioni negative tra le quali proprio marketing e comunicazione, ovvero divulgazione del prodotto, avete idea dell'interesse maggiore che si creerebbe da confronti chiari, diretti, perfino talvolta aspri ma sempre nel totale rispetto dei rispettivi ruoli? O forse si preferisce, credendo che attragga qualcuno, roba tipo le interviste preconfezionate dai siti degli stessi club, un contenuto decisamente stucchevole e melenso in cui non si fa altro che raccontare un mondo ideale tutto positività e buonismo che poi fa a cazzotti con la realtà alla prima difficoltà?

Visto che si guarda tanto alla NBA, che molti ne invocano l'arrivo per accrescere la redditività del prodotto, sarebbe auspicabile che questi soggetti dessero un'occhiata a come si fa comunicazione da quelle parti, come viene garantito il diritto di critica, come si parla fuori dai denti quale è la disponibilità dei protagonisti che la stessa lega americana garantisce ai media. Ma a riguardo, da queste parti, si fischietta osservando il vuoto.

Recap campionati esteri: Dubai vince contro il Partizan
LBA FOCUS: tre spunti dopo la Giornata 5

💬 Commenti