La Stella che non si spegne: il periodo d’oro della Zvezda
Sette vittorie di fila e record pareggiato in Eurolega, sotto i riflettori l’ottimo inizio della Stella Rossa.
Giocare contro la Stella Rossa, oggi, è come entrare in una tempesta.
Non solo perché la squadra serba ha messo in fila sette vittorie consecutive in Eurolega, ma per come lo sta facendo: con una forza d’urto che parte dal cuore e si propaga in ogni rimbalzo, in ogni possesso, in ogni sguardo di chi scende in campo con la maglia biancorossa.
Il cambio di marcia della Stella Rossa da metà ottobre
Da metà ottobre, la Zvezda ha cambiato pelle.
Sotto canestro detta legge: seconda per rimbalzi totali in tutta l’Eurolega, terza per quelli offensivi, seconda per quelli difensivi. L’area è territorio loro, un fortino dove solo pochi riescono a entrare.
Non cercano la perfezione dal perimetro — anzi, sono tra le peggiori squadre per triple tentate e segnate — ma proprio lì sta la loro identità: fisicità, concretezza, e la voglia di vincere battaglia dopo battaglia, centimetro dopo centimetro.
Alla Belgrade arena, poi, la magia si fa fuoco.
Le partite non si giocano, si vivono. Ogni rimbalzo è un boato, ogni palla recuperata un’onda che si alza dalle tribune. Giocare lì, ora, è un incubo per chiunque: l’atmosfera carica la squadra, la trascina, la moltiplica.
Ti trascinano nel loro ritmo, ti logorano con la loro intensità, ti colpiscono fisicamente e mentalmente. Sporcare una linea di passaggio, contendere ogni pallone vagante: è il loro credo, la loro fede cestistica.
L'arrivo di Sasa Obradovic in panchina
E al centro di questa trasformazione c’è un nome: Sasa Obradović.
Arrivato a metà ottobre, ha impiegato pochissimo per ribaltare tutto ciò che aveva trovato. Dove Sfairopoulos non era riuscito a dare un’identità, lui ha costruito un esercito.
Con infortuni ovunque e un roster decimato, Obradović ha scelto la via più difficile — ma anche la più vera: la difesa.
Ha predicato tenacia, aggressività, concentrazione, energia. E la squadra lo ha seguito.
In poche settimane, la Stella Rossa è diventata una delle migliori difese dell’Eurolega, concedendo appena 80 punti di media. Un muro di cemento armato con il cuore rosso acceso.
Gli innesti hanno fatto il resto.
L’arrivo del suo “pretoriano” Donatas Motiejūnas ha dato peso e talento sotto canestro. Jared Butler, invece, arrivato da poco con i dubbi da giocatore NBA in Europa, è diventato subito quel gregario intelligente e generoso che ogni allenatore sogna.

E poi, complice la sfortuna, sono arrivati anche i ragazzi serbi che inizialmente dovevano trovare spazio solo in ABA Liga: oggi rispondono presente, con fame e dedizione assieme al suo leader Nikola Kalinic. Tutto questo trascinati dall’energia di Chima Moneke, Semi Ojeleye, Codi Miller-McIntrye.
Gli infortuni, però, non hanno dato tregua: Joel Bolomboy Isaiah Canaan, Tyson Carter, Jordan Nwora, Jasiel Rivero… un elenco lungo e doloroso. C’è chi ha già chiuso la stagione, chi non sa ancora quando tornerà.
Eppure, la Stella Rossa non ha mai abbassato la testa.
Anzi, ha reagito con rabbia, trasformando la difficoltà in benzina.
Ogni assenza è diventata un motivo in più per stringersi, per giocare con ancora più pressione e cuore.
Mercoledì sera, battendo il Panathinaikos, hanno pareggiato il loro precedente record di sette vittorie consecutive.
Una striscia importante fatta in casa che in trasferta, un segnale forte e chiaro all’Eurolega: la Stella Rossa è viva, più viva che mai.
E, per la prima volta dopo tanto tempo, non è solo una squadra in forma — è una squadra che crede.
Crede in sé stessa, nel suo allenatore, nella sua gente.
E quando il cuore di Belgrado batte così forte, è difficile, davvero difficile, fermarlo.
