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Francesco Tabellini, il nuovo Coach di Parigi

Francesco Tabellini, 42 anni il prossimo 18 agosto,  è stato recentemente annunciato come nuovo Coach del Paris Basketball.

Un'altra ottima notizia per il movimento degli allenatori italiani che saranno ben 4 al via della prossima Eurolega: si va da veterani come Messina e Scariolo a più giovani come Paolo Galbiati ed appunto Tabellini.

Senza contare Andrea Trinchieri, abbastanza incomprensibilmente uscito dallo Zalgiris, e Luca Banchi, altrettanto stranamente sostituito da Kokoskov all'Efes dopo una stagione eccellente in Eurolega.

Dopo 8 anni tra giovanili trevigiane ed assistentato Francesco Tabellini ha accettato la sfida estera ma non in un paese troppo noto sulla carta geografica cestistica, ovvero la Repubblica ceca: USK Praha nel 22/23, poi lo sbarco a Nymburk.

Francesco Tabellini dopo uno dei tanti trionfi con Nymburk

Qui arrivano due titoli nazionali, due coppe ceche e due coppe ceco-slovacche, oltre ai quarti di BCL. E proprio la competizione europea ha fatto molto rumore: 5/1 sia nel gruppo che in Top 16, imprese contro Murcia e Galatasaray prima di uscire proprio coi turchi nei quarti di finale.

La grande sfida di Francesco Tabellini: dal Nymburk al Paris Basketball 

  • Francesco, innanzitutto complimenti per la nomina a capo allenatore in Eurolega. Una sfida importante, probabilmente la più importante della tua carriera sinora, ma verrebbe quasi facile dire che tu sia la persona giusta, visto che non hai avuto paura di andare all'estero relativamente giovane a giocarti le tue carte…

«Ti ringrazio. Le sfide sono commisurate al momento ed alle esperienze, a come le percepisci. Ad esempio a Treviso, da  allenatore dell'U20 siamo arrivati alle Finali Nazionali 2018 vincendole: la vittoria è stata molto importante come sfida perchè il gruppo sapeva di essere all'ultimo giro insieme»

«Non sottovaluto certo la sfida ma è il momento ed oggi sento la pressione giusta. A Praga ad esempio ho investito sulla mia professionalità e dal lato personale, ora mi sento orgoglioso per il percorso e pronto».

  • Mi racconti la prima sensazione avuta quando c'è stato il primo contatto con Paris: orgoglio per il percorso, immagino, voglia di portare i tuoi principi al piano più alto del basket europeo, credo, e magari un po' di tensione del tipo “mamma mia cosa mi sta succedendo”?

«Orgoglio sicuramente. Durante la stagione ho avuto il primo contatto con James Newman, GM parigino, a Nanterre. Lui è uno che vede tutto, segue tutto e legge molti dati sul gioco, un po' lo stile di Nymburk Da quel punto di vista siamo stati immediatamente sulla stessa pagina».

«Gusti comuni, basket “uptempo”, ritmo alto ed aggressività. Io guardavo loro e probabilmente loro davano un'occhiata alla nostra proposta di basket. Poi c'è stato un contatto più diretto ma non avrei mai immaginato che sfociasse in quanto è realtà oggi».

«Una vota che si è materializzata l'uscita di Tiago loro sono passati al piano B ed hanno scelto me».

  • Parlandone la scorsa settimana Gianmarco Pozzecco mi ha detto che spesso si sopravvaluta il passaggio di livello, dando scarsa fiducia a uomini che hanno vinto in un certo contesto e che si affacciano a quello superiore. Direi che la Parigi di questi anni, nata in realtà a… Bonn dimostra ciò che dice il Poz e si adatta alla perfezione alla tua situazione. Come la vedi?

«Nel successo di Parigi vi sono varie componenti. Il potere delle idee, un piano chiaro, tutte le energie verso un'identità precisa e giocatori funzionali scelti con grande lucidità guidati da Coach molto preparati».

«In generale credo che le idee e la fedeltà alle stesse sia decisiva. Le sfide sono crescenti ma non dubito su giocatori ed allenatori al livello più alto».

«In Italia ad un certo punto si era un po' riluttanti a riguardo, ora magari va meglio». 

Francesco Tabellini da Nymburk alla nuova sfida a Parigi in Eurolega

La pallacanestro di Francesco Tabellini: novità sulle orme di Tuomas Iisalo

  • Il concetto di continuità tecnica mi pare fondamentale  nella capitale francese. Iisalo ha tracciato il percorso, Splitter lo ha proseguito ed ora tocca a te. Analisti del basket europeo mi hanno detto che la tua pallacanestro sarà proprio sulla scia di quella di Iisalo: ricca di versatilità, aggressività a rimbalzo, il giocatore capo che attacca immediatamente il “pick and roll” centrale , molti tagli ed attenzione spasmodica alle spaziature. Sarà così?

«La continuità tecnica è concetto in cui credo, è perfetta. E' molto importante che in campo si riflettano le caratteristiche dell'allenatore. Se accade così allora sono portato ad accettare errori, limiti e sconfitte perchè mi aiuta il fatto che si stia facendo ciò in cui credo».

«Personalmente ho grande determinazione, disciplina ed autoesigenza. Per me uno sforzo totale è imprescindibile, sia fisico che mentale. Vincere la lotta rimbalzo, togliere tiri ad alta percentuale, attaccare più veloci del rivale in ogni possesso: in sostanza essere disposti a sacrificare il proprio corpo».

  • Interessante poi uno dei concetti difensivi più importanti, il cosiddetto “Hedge and plug” tanto caro proprio a Thomas Iisalo. In sostanza, per tradurlo in semplicità, una notevole pressione sul pick and roll con il difensore del bloccante che appunto fa “hedge” spingendo il portatore di palla lontano dal terreno desiderato ed il difensore dello stesso portatore di palla che cambia direzione andando ad occupare la linea di passaggio più semplice per il bloccante che scivola verso il canestro. Si mette così pressione sulla palla senza bisogno di raddoppiare. Il passaggio per il “rollante” diventa così estremamente rischioso a causa della traiettoria e dei tempi che lo devono contraddistinguere. Senza svelarci troppo i tuoi segreti, è concetto in cui ti riconosci?

«Credo nell'aggressività, il concetto di “hedge and plug” è importante ma non definisce tutto. Pressione, raddoppi e scelte aggressive su “pick and roll” e post: è necessario impattare. Se facciamo “hedge” o “show” gli avversari controbattono spesso con uno “short roll” quindi il nostro “plug” diventa la contromisura. Va detto che è stato inventato da Iisalo, o meglio da suo fratello. Ma non può essere automaticamente sempre così, serve legge le situazioni».

  • Il gioco moderno va sempre più nella direzione degli esterni a qualunque livello ma io voglio portarti sul discorso dei lunghi. Qual è il tipo di centro ideale per la tua concezione di pallacanestro?

«Mobile e dinamico perchè in difesa come in attacco deve coprire gli spazi velocemente. Deve essere rapido nella transizione offensiva ed aggressivo sul “pick and roll”».

«Ho avuto di recente centrí “undersized”, da 197 e 200cm, rollanti pericolosi e mobili. Questo anche perchè non potevamo permetterci gli ingaggi di quelli più grossi ma dinamici come li volevamo. Per questo ti aggiungo che è ovvio che si debba dare un occhio di riguardo al budget».

  • Lo scorso anno Parigi ha sfruttato per un certo periodo il fattore sorpresa. Ricordo le parole di Ataman dopo la sconfitta nelle prime giornate: «Non siamo pronti per giocare a questo ritmo». Poi però, nonostante si affievolisse quel fattore, il cammino è continuato sino ai Playoffs. Che peso dai a questa situazione rispetto al modo di giocare delle altre squadre? Immagino tu abbia già ben chiaro in testa qualcosa di ulteriormente nuovo…

«Se credi in un sistema devi pensare che sia efficace comunque. Per noi la cosa decisiva sarà ricostruire un'identità con alcune caratteristiche diverse ed ancora più importante avere giocatori che si sentano identificati nel basket che facciamo, ognuno con una chiara responsabilità di crescita individuale e collettiva».

  • Al momento ti trovi con una squadra tutta da costruire: 4 uomini del quintetto (TJ, Ward, Jantunen e Hayes) sono andati via e sono nomi di grande peso, su tutti proprio quello di TJ Shorts, restando col solo Hifi. Al momento ci sono 9 giocatori sotto contratto di cui 6 nuovi e 3 sole conferme, Cavaliere e Herrera, che ha rinnovato ieri, oltre al suddetto Hifi.  Come si affronta in collaborazione con la dirigenza, un'estate  simile?

«E' complicato ma mi concentro su un giocatore per volta, su ogni singola posizione. Non possono esserci compromessi sulle caratteristiche non negoziabili. Noi dobbiamo essere un mix di valori umani e cestistici x moltiplicarli, non semplicemente sommarli».

L'Eurolega, i giocatori e gli allenatori

  • Si dice ormai quasi sempre che i giocatori di Eurolega per poter competere ad alto livello siano pochi ed in sostanza gli stessi che semplicemente cambiano ogni tanto maglia da una big all'altra a seguito degli ormai inflazionatissimi mal di pancia. Personalmente ritieni impossible una rivoluzione in senso giovane, ovvero provare la grande sfida anche con ragazzi che arrivino dalla Next Gen o roba simile? Magari offrendo questa possibilità si potrebbero trattenere un po' di quei talenti che stanno volando in NCAA. Impossibile?

«Le condizioni economiche geniali sono cambiate molto. Non solo il famigerato NIL ma anche i tanti contratti tipo gli “exhibit 10” che possono avvicinare i giovani all'orbita NBA. Alcuni, tipo Dame Sarr, potevano continuare a giocare qui ma hanno scelto la NCAA, nel suo caso un grande college come Duke con poi quindi un ovvio sbocco nel Draft».

«E' difficile che possa accadere quanto menzioni a meno che qualcuno, od un club, non lo abbia come missione e vocazione, oppure perchè semplicemente non può permettersi altro come stelle etc. Ma si deve sapere che si va poi contro le pressioni ambientali inevitabili».

  • Tornando al  tema  allenatori, c'è una figura a cui ti ispiri sia a livello gestionale che a livello tecnico, il Coach a cui guardi sempre con grande curiosità?

«La mia idea è molto personale per i miei trascorsi di giovane sportivo, tifoso del Milan di Sacchi e poi di Savicevic, ovvero una realtà impattante come valore del gioco. Ovviamente apprezzo molto lo stile di Iisalo, quello “uptempo” du cui abbiamo già detto. ma non dimentico quanto ha fatto a Varese ad esempio da Johan Roijakkers».

«Per la mia formazione sono stai importanti i Coach con cui ho lavorato: Giordano Consolimni, Stefano Pillastrini e poi Max Menetti. Non brillavo certo come flessibilità od empatia e Max, molto deciso, mi ha fatto capire in maniera molto "tranchant" cosa servisse per fare un passo avanti».

  • Il movimento dei Coach italiani: 4 in Eurolega, due ai box ma forse per poco, quindi pare che la scuola tricolore funzioni e riscuota fiducia. Forse, però, più all'estero che in Italia e magari tu ne sei l'esempio. Ne parlavamo proprio l'altro giorno con il Poz, dello scarso rispetto verso gli allenatori qui da noi. Come valuti la questione?

«Io sono andato all'estero perchè non avevo opportunità da capo allenatore in Italia. In generale credo che sia necessario riconoscere economicamente e relazionalmente il ruolo: i Coach devono essere degli asset per i club. Mi auguro vi siano opportunità per chi le merita, anche indipendentemente dall'età».

«Ma non voglio giudicare da fuori. Io sono a Parigi ora e spero di rimanerci a lungo».

  • Facciamo un balzo in avanti di tre mesi e mezzo, la notte dell'esordio in Eurolega. Sulla panchina rivale può esserci gente leggendaria come Obradovic, vincitori del trofeo come Itoudis, Bartzokas, Ataman, Messina o comunque grandi Coach. Il primo pensiero di Francesco Tabellini a chi va?

«Ai miei giocatori, al mio staff. C'è orgoglio ovviamente, ma solo per dare il 100% e cercare di far performare tutti nella maniera migliore possibile per sopravvivere all'emozione. E quell'orgoglio starà anche nel potere confrontare con quei grandi allenatori e dimostrare quello che valgo».

Dal 30 settembre ritroveremo Francesco Tabellini sul grande palcoscenico di Eurolega e sarà il primo capitolo di una storia che più intrigante non potrebbe essere.

 

 

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