Il basket, il giornalismo e la comunicazione: riflessione su un mondo che deve cambiare (pt.5)
Ultime riflessioni sul mondo del basket e di giornalismo e comunicazione che lo riguardano. Focus sul tema NBA.

Ultima riflessione sul mondo del basket, del giornalismo e della comunicazione e quindi ultima occasione per riconfermare, nel caso di chi scrive, un dato certo che sgomberi il campo da ogni tipo di dubbio: io non sono un giornalista di professione e quanto fatto nel settembre 2016 con la creazione di Eurodevotion è stata un'avventura iniziata per pura passione e progressivamente continuata con voglia di proporre il miglior prodotto possibile su una competizione come Eurolega, allora di fronte ad un cambiamento storico.
Ed ultima occasione per chiarire una volta di più come non ho mai creduto, e mai crederò, nell'eventualità che un semplice tesserino possa dare maggiore credibilità rispetto a valori come serietà e professionalità che vanno ben oltre l'inquadramento in una professione. A dirla tutto ho sempre pensato che svolgere qualsiasi attività con passione ed equilibrio sia caratteristica che può accompagnare chiunque partendo da un'umiltà che deve nutrire la voglia di conoscere e sperimentare ogni giorno di più.
Detto questo, da giorni, in realtà da tanti mesi, mi pongo diverse domande riguardo il mondo della pallacanestro, segnatamente quella europea, la comunicazione che la riguarda ed il giornalismo che la tratta. I dubbi sono tanti, le certezze che più di qualcosa non funzioni decimate di più, la scarsa considerazione del lavoro svolto forse il tema che supera tutto con un pensiero che sta alla base di tutto: siamo certi che quanto si produce sia fatto nel rispetto dei appassionati, che poi sono i lettori, unica vera componente irrinunciabile di tutto questo mondo?

L'esempio NBA: la grande confusione tra apprendere e copiare
La NBA è la lega cui tutto il mondo cestistico guarda, giustamente vista la caratura dell'organizzazione guidata da Adam Silver.
Ogni volta che qualsivoglia lega propone un percorso di crescita e miglioramento si guarda oltre oceano cercando di portare al proprio interno situazioni che in quel mondo funzionano alla perfezione.
Piccolo dettaglio: la NBA è una cosa, il resto del mondo è ad anni luce di distanza, nella migliore delle ipotesi.
Apprendere è una cosa, copiare pedissequamente un'altra. Giusto studiare, analizzare e valutare quanto riproducibile, ma pensare di applicare concetti che di là funzionano in un mondo che è totalmente differente e con un'organizzazione largamente più deficitaria da ogni punto di vista fa sorridere parecchio.
Non è assolutamente necessario portare di qua tutto, perchè gli spettacoli della Stark Arena, di Oaka, della Menora Mivtachim piuttosto che del Pireo o della Zalgiris Arena sono parte del nostro patrimonio cestistico: non piacciono ai vertici NBA? Chissenefrega, per certi versi noi siamo questi ed è su tutto ciò e da tutto ciò che dobbiamo far partire il lavoro di sviluppo e divulgazione. Studiare ed apprendere senza snaturare, avendo ben chiaro dove il deficit è enorme, ovvero a livello comunicativo principalmente.
La NBA è il più grande esempio di crescita comunicativa ed organizzativa nella storia dello sport. E volutamente non ho inserito il concetto di crescita tecnica perchè non sono per nulla certo che il prodotto strettamente cestistico odierno sia migliore di quello della prima parte del millennio e degli anni ‘80 e ’90. E proprio in quel processo di crescita la NBA ha accettato e scelto che una pallacanestro forse inferiore tecnicamente a quella precedente fosse però funzionale alla diffusione comunicativa.
Concetto troppo cervellotico? Mi spiego. In Europa, soprattutto gli addetti ai lavori della comunicazione, sono prontissimi ad analizzare e celebrare ogni dettaglio del gioco di questo o quell'allenatore, entrando nei particolari tecnici a fondo. Gli highlights di una partita di stagione regolare NBA, ricchi soltanto di triple da casa propria, di schiacciate pazzesche e di assist “no look” o dietro la schiena attraggono molti più appassionati, nuovi o già fedeli, di un timeout del grande Coach europeo che disegna un possesso perfetto. Basta chiedere ad un ragazzino se la mattina si guarda gli highlights NBA o quelli di Eurolega, LBA, Easy-Credit etc…
Nell'impossibilità di proporre qualcosa di tecnicamente paragonabile, quindi, il mondo europeo dovrebbe muoversi invece nella direzione comunicativa che porta ad un maggior coinvolgimento dei tifosi attraverso una superiore vicinanza ai protagonisti. Ed è tristemente il contrario, come abbiamo già avuto modo di valutare negli approfondimenti precedenti.
Ci sono tanti esempi che potrebbero essere chiarificatori del problema. Ricordo bene come nelle gare del periodo Covid le conferenze stampa dei giocatori NBA erano aperte da remoto in modo da coinvolgere più attori possibili. Una in particolare, durante la permanenza di Campazzo a Denver, durò una vita in tarda serata perchè vi erano diversi giornalisti argentini collegati a porre molteplici domande al Facu. Il prodotto che ne derivò fu giornalisticamente molto interessante poichè diede spunti di riflessione per diverse successive trattazioni.
Mi devo ripetere, ma perchè ad esempio Eurolega non “copia” quello, aprendo le conferenze stampa post gara da remoto? E' una delle tante cose che la maggior competizione europea dovrebbe fare sin da subito, come da queste pagine elencato mesi orsono. Conosco decine e decine di giornalisti che si accrediterebbero con la conseguenza di fornire un prodotto che risulterebbe migliore di quelle tristissime ed ingiustificabili scene mute cui assistiamo settimanalmente dopo che l'addetto stampa di casa chiede «Domande per il Coach?» dopo l'iniziale valutazione della gara da parte dello stesso. E non ditemi che è difficile, perchè se è così è meglio chiudere baracca e burattini.
Andando oltre, sapete che è più facile ottenere la disponibilità di un protagonista proprio da una squadra NBA piuttosto che da una di Eurolega? Là ci sono regole di apertura ai media che sulla carta vi sarebbero pure da queste parti, tuttavia come già detto in queste riflessioni, vengono regolarmente disattese senza che il club ne paghi le conseguenze.
La gente è attratta dalle parole dei protagonisti ed inoltre vuole conoscere i personaggi che segue, i propri idoli, più a fondo. Sapere se amano di più la pizza od il sushi, qual è l'ultimo film che hanno visto, quali serie tv seguono, se gradiscono di più mare o montagna, per che squadra di calcio tifano… E molto spesso interessa di più tutto ciò rispetto a temi da lavagnetta perchè avvicinano questi personaggi alle persone “normali”, se mi passate il termine. Altri esempi? Uno che mi balza in mente: ricordate i Taco Tuesdays di Lebron? Ecco, appunto, se ne parlò molto più di tante gare.
Infine ritengo che un altro passaggio chiave sia quello che riguarda i comportamenti, soprattutto extra campo di molti professionisti, in particolare allenatori e dirigenti. Proseguire sul percorso della lamentela arbitrale continua, del tentativo preventivo di indirizzarne le scelte addirittura prima delle gare, delle reazioni assurde ed inaccettabili di alcuni dirigenti è cosa che non si può più vedere o sentire. Vanno sanzionati, ma duramente, non con quei quattro spiccioli oggetto delle ridicole multe rispetto alla gravità delle parole espresse.
Abbiamo sentito parare di mafia, addirittura di condizionamenti derivanti dalla politica internazionale, siamo all'assurdo. Così non si fa che alimentare la cultura del sospetto, uno dei più grandi mali dello sport che continua a minare l'educazione legata allo stesso.
La NBA è lì davanti a tutti, è un esempio cui ispirarsi con ammirazione e volontà di studiarne le tante virtù nel modo migliore che permetta di trasportarle da noi senza cambiare la natura della nostra pallacanestro ma tenendo ben presente ciò che vuole la gente, ciò che vogliono i tifosi, patrimonio senza il quale non esisterebbe nulla di tutto quanto stiamo parlando.