Hvala Milos: il genio che non poteva essere spiegato
Dal mio scetticismo al suo incantesimo: il viaggio irripetibile di Milos Teodosic, tra promesse mantenute, magie senza tempo e l’addio silenzioso di un genio del basket europeo.

La mia storia con Milos Teodosic è cominciata con un errore. Uno di quelli che non dimentichi, perché ti scava dentro un solco tra ciò che sapevi e ciò che la realtà, con la sua potenza imprevista, decide di mostrarti. Non ci ho mai creduto al suo arrivo alla Virtus. Lo dicevo, lo scrivevo, lo ripetevo con sicurezza sui social: “No, non arriva. Le mie fonti dicono di no”. Poi, in una notte qualunque di sabato, è arrivato. Non con fanfare, ma con un rilancio deciso. Di quelli che spostano il destino, non solo il mercato.
Raccontare Milos Teodosic è come tentare di spiegare un tramonto. Puoi parlare di colori, di luce, di atmosfera, ma non potrai mai davvero trasmettere cosa si prova a vederlo. Con Milos è lo stesso. Le emozioni, le visioni di gioco, il coraggio che ha regalato a ogni tifoso in questi diciotto anni… sono cose che non si scrivono. Si vivono.
È vero, Milos ha vinto meno di quanto avrebbe meritato. Ha perso tante finali: quelle di campionato e coppa nazionale in Grecia con l’Olympiakos, quella maledetta finale di Eurolega con il CSKA Mosca. Ma ha mantenuto tutte le promesse. Ha rifiutato i Memphis Grizzlies nel 2013, perché voleva vincere l’Eurolega col CSKA, e l’ha fatto nella stagione 2015-16. Poi sì, in NBA ci è andato davvero, a Los Angeles, quando Chicago ci aveva pensato sul serio, prima della partenza di Jimmy Butler. Ma a quel punto il suo corpo, che aveva resistito per anni a colpi, botte, chilometri, scatti e cambi di direzione, ha chiesto il conto. E l’NBA, con la sua intensità diversa, ha presentato il suo verdetto.
Eppure io non pensavo che, dopo quella parentesi americana, sarei stato qui per raccontare altre quattro stagioni di magia. E invece eccoci. “Voglio portare la Virtus in Eurolega”, aveva detto. E ce l’ha fatta. Ha vinto uno scudetto nel 2021, ha conquistato l’EuroCup nel 2022. Promessa mantenuta. Ancora una volta.
Milos era diverso. Sempre. 195 centimetri, 89 chili, capelli lunghi, barba incolta e quello sguardo da uomo altrove. Ma bastava che il pallone gli toccasse i polpastrelli, e tutto si accendeva. Il Pick and Roll con lui era più che un sistema: era poesia. Nessuna costruzione intorno, bastava lui. Potevi colpirlo, cercare il punto debole delle sue anche, ma non cadeva mai. Anzi, ti sfidava, sfidava le leggi della fisica e vinceva. Sempre.
I suoi passaggi ad una mano sono diventati leggendari. Con effetto, schiacciati a terra, attraversavano braccia, gambe, teste, ma finivano sempre dove dovevano: nelle mani del compagno giusto. Lunghi, ali, allenatori: tutti hanno beneficiato della sua arte. E i social? Ogni suo assist, ogni sua magia, garantiva un’esplosione di interazioni. Perché Milos era spettacolo, ma mai fine a sé stesso. Era sostanza, era genio applicato alla squadra.
Fuori dal campo, era l’opposto. Silenzioso, schivo, lontano. Quasi assorto. Una figura che sembrava vivere in un’altra dimensione, con quel carattere impulsivo tra le linee e quasi ascetico lontano dai riflettori. Ed era proprio questo contrasto a renderlo unico.
Dopo una stagione di ritorno in Eurolega con la Virtus, Milos è tornato a casa. Alla Stella Rossa. E lì, dopo due stagioni, ha detto basta. Lo ha fatto a giugno, con la stessa discrezione con cui è sempre uscito di scena dopo un assist irreale. Senza clamore, senza cerimonie inutili.
Milos Teodosic è stato un ambasciatore del basket europeo. Un uomo che ha fatto innamorare una generazione con la sua capacità di vedere il gioco prima degli altri. Una reincarnazione balcanica di Pistol Pete Maravich – guarda caso, anche lui con sangue serbo nelle vene – o forse semplicemente un mago. Uno di quelli veri, che non si capisce mai da dove tirino fuori il trucco. Ma che ti fanno credere, per un attimo, che il basket sia la cosa più bella del mondo.
Hvala Milos. Per tutto. Anche per avermi smentito.